Lunedì, 05 Novembre 2018 07:36

RITENUTE PREVIDENZIALI: rilevanza penale tra truffa e indebita compensazione

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L'art. 10 quater del decreto legislativo 74/2000 prevede che sia punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione ai sensi dell'art. 17 dlgs. 241/97, crediti non spettanti per un importo superiore a 50.000 euro annui, e con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per chi non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione ex art. 17 dlgs 241/97, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai 50.000 euro.
Prendendo spunto dalla norma in esame, analizziamo oggi il caso pratico di un soggetto che si è visto imputato della violazione di detta norma, avendo lo stesso operato, secondo la prospettazione accusatoria, una indebita compensazione di ritenute previdenziali. Il decreto legislativo 74/2000 è intitolato "Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto a norma dell'art. 9 della legge n.205 del 25 giugno 1999". Dunque, evodentemente, le fattispecie delittuose di tale testo dovrebbero riferirsi solo alle violazioni in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e non anche a quelle relative al versamento delle ritenute previdenziali. Tutavia contro tale argomento la Cassazione valorizza il dato letterale dello stesso articolo 10 quater. E pertanto, osserva la Corte, che la lettera dell'articolo 10 quater identifica nel dettaglio, in ossequio al principio di tassatività della norma penale, le compensazioni che possono essere oggetto della stessa fattispecie incriminatrice, operando un rinvio recettizio al dettato dell'articolo 17 del decreto legislatico n.241 del 1997. Orbene, osserva la Corte, proprio il testo dell'articolo 17 delgs n.241/1997, richiamato espressamente con rinvio "recettizio e conchiuso" dalla norma incriminatrice, consente la compensazione anche dei crediti relativi ai contributi previdenziali e si riferisce agli importi non versati con l'espressione "somme dovute", senza dunque, volutamente, fare riferimento al termine "imposte", proprio in conseguenza della tipologia ampia ed eterogenea dei crediti che possono essere oggetto di compensazione. 
In merito poi all'idenditificazione della fattispecie incriminatrice, nessun dubbio nutre la Corte sulla specifica appartennza del caso in esame alla indebita compensazione e non alla truffa, visto l'apparente concorso di norme e la prevalenza del carattere speciale della norma tributaria ex art. 10 quater sulla norma ordinaria.
Si rileva, a parere di chi scrive, anche con il caso esaminato, come sia venuta a svilupparsi una interpretazione ampia del reato tributario, dovendosi ricomprendere nello stesso non solo i beni appresi per effetto immediato e diretto dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta e mediata, dell'attività criminosa. 
AVV. GIUSEPPE CAPONE 
 
 
Avv. Giuseppe CAPONE

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