La Banca del Mezzogiorno:
come intende offrire servizi alle imprese del sud?
Della neonata Banca del Mezzogiorno, figlia unica di Poste Italiane, si è parlato poco e sempre in modo piuttosto critico. Noi che teniamo a cuore le sorti dei nostri associati, che sono per lo più gli operatori delle imprese produttive della nostra realtà regionale,seguiamo con attenzione gli sviluppi dell’intera operazione, anche perché siamo curiosi di sapere in che modo verrà attuato il percorso dello “sviluppo delle piccole e medie imprese del mezzogiorno”. Ricordiamo che, una volta ( all’inizio dell’operazione che risale ad oltre due anni fa), sui circuiti web era apparsa una notizia che,all’epoca, sembrava interessante e che riguardava il modo con cui la banca avrebbe offerto i servizi alle imprese. Si doveva attuare di un “accordo di collaborazione con il CNR, Centro Nazionale Ricerche”, per facilitare i finanziamenti rivolti a progetti d’innovazione e mettersi in diretta concorrenza con le grandi banche nazionali che prevedono finanziamenti specifici per i progetti innovativi. Un accordo – come si leggeva all’epoca – che doveva portare alla semplifica-zione e, soprattutto, alla velocizzazione dei processi di ricerca e innovazione, con l’obiettivo di integrare e mettere a disposizione del Paese asset scientifici, tecnologici e finanziari che favoriscano lo sviluppo del tessuto imprenditoriale, in particolare nel Mezzogiorno.
Tra le finalità dell’accordo , firmato a Roma dall’Ad di Poste italiane, Massimo Sarmi, dal Presi-dente del Cnr,Luigi Nicolais, e dall’Ad di BdM-Mcc, Pietro D’Anzi, vi era la valorizzazione dei risultati dei progetti di ricerca, anche attraverso l’attivazione di finanziamenti specifici; la diffusione di strumenti finanziari di supporto alle imprese; la promozione di eventi e strumenti funzionali a rafforzare il trasferimento tecnologico soprattutto verso le Pmi; il sostegno alle Pubbliche amministrazioni nelle fasi di valutazione dell’efficacia degli interventi. Con il protocollo in questione si sarebbe dovuto sperimentare una funzionale sinergia pubblico-privato capace di incidere sulle leve della valorizzazione dei risultati della ricerca.In particolare sui tempi, progettando e attivando servizi a supporto delle Pa; sulle risorse, attraverso forme di partenariato e garanzia; sulla diffusione e crescita dell’innovazione nel tessuto produttivo, attivando una capillare rete informativa e di servizi a disposizione dei ricercatori e delle imprese.
Tra le finalità dell’accordo , firmato a Roma dall’Ad di Poste italiane, Massimo Sarmi, dal Presi-dente del Cnr,Luigi Nicolais, e dall’Ad di BdM-Mcc, Pietro D’Anzi, vi era la valorizzazione dei risultati dei progetti di ricerca, anche attraverso l’attivazione di finanziamenti specifici; la diffusione di strumenti finanziari di supporto alle imprese; la promozione di eventi e strumenti funzionali a rafforzare il trasferimento tecnologico soprattutto verso le Pmi; il sostegno alle Pubbliche amministrazioni nelle fasi di valutazione dell’efficacia degli interventi. Con il protocollo in questione si sarebbe dovuto sperimentare una funzionale sinergia pubblico-privato capace di incidere sulle leve della valorizzazione dei risultati della ricerca.In particolare sui tempi, progettando e attivando servizi a supporto delle Pa; sulle risorse, attraverso forme di partenariato e garanzia; sulla diffusione e crescita dell’innovazione nel tessuto produttivo, attivando una capillare rete informativa e di servizi a disposizione dei ricercatori e delle imprese.
“Questo accordo permetterà di valorizzare gli investimenti realizzati – affermava all’epoca - l’Ad di Poste italiane Massimo Sarmi, e di utilizzare al meglio le nostre piattaforme tecnologiche e finanziarie, facilitando anche la nascita e la crescita di start-up, secondo criteri di progresso tecnologico e innovazione sociale. Dunque uno strumento importante per poter sfruttare al meglio, in tempi brevi, le ingenti risorse comunitarie disponibili“. Il comunicato ci era parso, sin da allora, piuttosto oscuro rispetto alle modalità con cui la collaborazione si sarebbe tradotta in finanzia-menti alle PMI del Sud . Finanziamenti specifici e strumenti finanziari di supporto alle imprese non erano precisati. Restava solo la buona finalità del trasferimento tecnologico alle imprese che alcune banche avevano timidamente cercato di promuovere e la prospettiva di finanziare tante startup. Sta di fatto che, ad oggi, né le Bcc né le popolari sono entrate – almeno per ora - nel capitale dell’istituto che sarà , dunque, tutto delle Poste. Tutto il potere a Sarmi. La Banca del Sud procede, ma senza soci privati. Marcia indietro. Né le banche del credito cooperativo (Bcc) né le popolari entrano, almeno per ora, nel capitale dell’istituto, che resta così pubblico e in capo totalmente alle Poste, cioè al Tesoro. Il gruppo guidato da Massimo Sarmi, confermato due mesi fa per la quarta volta amministratore delegato, è da quest’anno controllato al 100% al ministero dell’Economia. Totalmente controllata dal Tesoro sarà quindi anche la Banca del Mezzogiorno, (voluta dal ministro Giulio Tremonti) per concedere credito agevolato sul medio-lungo termine alle piccole imprese. Tutto il contrario di quanto previsto all’inizio. A meno di ulteriori sorprese , saranno dunque le Poste a pagare per intero i costi di nascita della Banca del Sud: circa 350 milioni di euro secondo le stime degli operatori, cioè 136 milioni per l’acquisto del Mediocredito centrale e altri 200 per fare partire la macchina. Ma ci sono dei problemi. Uno è che, diversamente da quanto annunciato all’inizio, non è previsto alcun ingresso di altri soci nella Banca del Sud. Non intenderebbe più entrare Iccrea, la holding delle Bcc, né sono in lista d’attesa le annunciate banche del credito cooperativo meridionali. Il secondo problema è che l’autorizzazione della Banca d’Italia è sì arrivata, ma condizionata: la nuova Banca del Mezzogiorno potrebbe infatti concedere prestiti alle imprese soltanto dal 2012. Un piccolo intoppo per una banca che ha nel credito la propria missione.
Resta solo da rilevare come – a nostro avviso - La Banca del Mezzogiorno sia un soggetto ancora minuscolo. Infatti, a fine 2011 aveva solo 183 dipendenti, ricevuti dall’acquisto del Mediocredito Centrale, e 25 distaccati da Poste Italiane. I crediti alla clientela erano solo 131 milioni, ma nell’attivo ben 461 milioni di BTP e altri titoli di Stato in cui era stato impiegato il ricavato della vendita di un portafoglio di crediti legati alla finanza strutturata export ceduto/lasciato a Unicredit. Insomma ancora una micro-banca le cui ambizioni di espansione sulla vasta rete sportelli postali al Sud sono tutte da realizzare. E noi che non intendiamo rimanere spettatori passivi della “partita”, proprio per quanto dicevamo all’inizio restiamo in attesa di conoscere l’evolversi dell’operazione persapere in che modo verrà attuato il percorso dello “sviluppo delle piccole e medie imprese del mezzogiorno”.
Luigi Zappone
Resta solo da rilevare come – a nostro avviso - La Banca del Mezzogiorno sia un soggetto ancora minuscolo. Infatti, a fine 2011 aveva solo 183 dipendenti, ricevuti dall’acquisto del Mediocredito Centrale, e 25 distaccati da Poste Italiane. I crediti alla clientela erano solo 131 milioni, ma nell’attivo ben 461 milioni di BTP e altri titoli di Stato in cui era stato impiegato il ricavato della vendita di un portafoglio di crediti legati alla finanza strutturata export ceduto/lasciato a Unicredit. Insomma ancora una micro-banca le cui ambizioni di espansione sulla vasta rete sportelli postali al Sud sono tutte da realizzare. E noi che non intendiamo rimanere spettatori passivi della “partita”, proprio per quanto dicevamo all’inizio restiamo in attesa di conoscere l’evolversi dell’operazione persapere in che modo verrà attuato il percorso dello “sviluppo delle piccole e medie imprese del mezzogiorno”.
Luigi Zappone