Martedì, 09 Aprile 2013 14:11

Sono oltre 27mila le imprese "fuggite" all'estero

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Secondo i dati Cgia Mestre, tasse, burocrazia, costo del lavoro, inefficienza della pubblica amministrazione e mancanza di credito hanno indotto molti imprenditori a trasferirsi in Paesi dove il clima nei confronti dell’azienda è più favorevole.

Le tasse, la burocrazia, il costo del lavoro, il deficit logistico-infrastrutturale, l’inefficienza della Pubblica amministrazione la mancanza di credito e i costi dell’energia rappresentano degli ostacoli spesso insuperabili per le imprese italiane tali da aver indotto molti imprenditori a trasferirsi in Paesi dove il clima nei confronti dell’azienda è più favorevole. Secondo l’Ufficio studi dellaCgia di Mestre sono oltre 27mila imprese che,al 31 dicembre 2011, hanno trasferito all'estero una parte della loro attività produttiva. Sebbene  la crescita del numero dei gruppi interessati dal fenomeno della delocalizzazione è stato abbastanza contenuto, pari al +4,5% tra il 2008 e il 2011, ha sottolineato l'Associazione, nell'arco temporale che va dal 2000 al 2011, invece, l'incremento è stato molto consistente: +65%. Alla fine del 2011 ammontavano a poco più di 1.557.000 i posti di lavoro creati da queste aziende oltre confine.

Premesso che in questi ultimi decenni la delocalizzazione produttiva ha interessato tutti i Paesi più industrializzati del mondo – sottolinea il segretario della Cgia di Mestrew, Giuseppe Bortolussi – fare impresa in Italia è molto più difficile che altrove. Un elemento di forte richiamo  è la certezza del diritto. In Francia, ad esempio, i tempi di pagamento sono più puntuali e più rapidi di quanto avviene da noi. La giustizia francese funziona e chi non paga viene perseguito e sanzionato. Senza contare che i tempi di risposta delle autorità locali sono strettissimi, al contrario di quanto succede in Italia dove l’unica certezza sono i ritardi che accompagnano quasi ogni pratica pubblica”.

Dopo la Francia, tra i Paesi che hanno attratto gli interessi delle nostre imprese troviamo gli Stati Uniti (2.408 aziende), la Germania (2.099 imprese), la Romania (1.992 unità produttive) e la Spagna (1.925 aziende). La Cina è al settimo posto, con 1.103 imprese italiane che hanno scelto di proseguire la propria attività produttiva in estremo oriente.

Le Regioni più investite dalla “fuga” delle proprie aziende verso l’estero sono quelle del Nord. In Lombardia se ne contano 9.647, in Veneto 3.679 in Emilia Romagna 3.554 e in Piemonte 2.806. Messe tutte assieme costituiscono oltre il 72% del totale delle imprese che hanno lasciato il nostro Paese.

Quasi un’impresa su due (48,3% del totale) opera nel commercio all’ingrosso (in valore assoluto sono 13.124 aziende). Si tratta, ad esempio, di attività legate agli intermediari del commercio, del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari e bevande, di apparecchiature high-tech e di altri macchinari e attrezzature. Attività prevalentemente costituite dalle filiali commerciali di imprese manifatturiere. Segue l’industria manifatturiera (28,6% del totale) e la logistica (6,2% del totale).

Diego Giovinazzo

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