Martedì, 18 Settembre 2012 07:16

APPRENDISTATO: nuove regole.

Scritto da 
Diego Giovinazzo Diego Giovinazzo

Con un tasso di disoccupazione che nei primi mesi del 2012 ha superato il 30%, la “questione giovanile” è divenuta una priorità assoluta.
Il Rapporto Istat 2012 rileva che la “mobilità ascendente si è ridotta” e, anzi, per le nuove generazioni - soprattutto i figli della classe media - sono aumentate le probabilità di sperimentare una “mobilità discendente”. Due milioni sono i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione (gli ormai famosi Neet, "Not in Education, Employment or Training”) e la quota di coloro che tra i 25 e i 34 anni restano a vivere con i genitori si è attestata al 41,9%, quasi dieci punti percentuali in più rispetto al 1993.
La difficile e lunga transizione dal mondo dell’istruzione e della formazione a quello del lavoro è una delle principali criticità italiane, che alimenta grandi sacche di disoccupazione intellettuale, spesso di lunga durata. Per non parlare della difficoltà di trovare, anche a distanza di anni, un’occupazione coerente con il proprio titolo di studio.
Numerosi studi hanno messo in evidenza che il lavoro viene spesso ricercato attraverso reti amicali e informali. L’impegno delle istituzioni è potenziare e qualificare la rete degli operatori che incrociano la domanda e l’offerta di lavoro. Non parliamo solo dei Centri per l’impiego ma anche dei servizi di placement scolastici ed universitari.
Il portale di Cliclavoro nasce anche per venire incontro alle esigenze dei giovani. Per far fronte a questa emergenza sociale, il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali ha adottato diversi strumenti:

La riforma contenuta nella Legge 28 giugno 2012, n. 92, come modificata dall'art. 46bis della legge 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del decreto legge  22  giugno  2012,  n.  83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), infatti, valorizza fortemente il contratto di apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro (art. 1, comma 1, lett. b).

  • S’introduce un meccanismo che collega l’assunzione di nuovi apprendisti (da parte di chi ha alle proprie dipendenze un numero di lavoratori almeno pari a 10) al fatto di averne confermati in servizio al termine del percorso formativo nell’ultimo triennio il 30% fino al 18 luglio 2015 e il 50% successivamente, pena la considerazione degli apprendisti assunti in violazione come lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
  • Si prevede la durata minima di sei mesi del periodo di apprendistato (ferma restando la possibilità che i CCNL prevedano una durata inferiore per lo svolgimento di attività stagionali).
  • Dal 1° gennaio 2013 e per le imprese che occupano almeno 10 unità, il rapporto tra apprendisti e maestranze specializzate deve essere di 3 a 2. Tale rapporto non può superare il 100% per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. Inoltre, il datore di lavoro che non abbia dipendenti o che ne abbia al massimo due, non può assumere più di tre apprendisti. Tale requisito non si applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.
  • Vengono ricompresi gli apprendisti tra i soggetti che possono beneficiare dell’assicurazione per l’impiego (ASpI).
  • S’introduce un obbligo di contribuzione (pari all’1,31% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali) in favore dell’assicurazione per l’impiego (ASpI) per il datore di lavoro che assume un apprendista.
  • E' esclusa la possibilità di assumere apprendisti, per il tramite di un’Agenzia per il lavoro, con un contratto di somministrazione a termine. E', invece, possibile somministrare a tempo indeterminato, in tutti i settori produttivi, uno o più lavoratori in apprendistato.

Il contratto di apprendistato si configura come un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato rivolto ai giovani tra i 15 e i 29 anni e finalizzato alla formazione all’occupazione degli stessi.
Il datore di lavoro, oltre a versare un corrispettivo per l’attività svolta, s’impegna a formare l’apprendista attraverso fasi di insegnamento pratico e tecnico-professionale.  Il Testo Unico approvato a settembre 2011 e la Riforma del Mercato del lavoro approvata il 28 giugno 2012 hanno innovato profondamente la precedente disciplina introdotta nel 2003.
L’inserimento in azienda tramite apprendistato è sostenuto da notevoli incentivi economici e normativi.
La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto di determinati principi nonché, per i profili formativi, alle Regioni e alle Province autonome.
Il contratto deve avere forma scritta e contemplare, entro i 30 giorni dalla stipulazione, un piano formativo individuale. E’ previsto il divieto della retribuzione a cottimo e quello di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.
Vi è la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio.
Al termine del periodo di formazione è possibile che il rapporto prosegua come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato oppure che una delle parti receda dal contratto con preavviso, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile. La Legge 92/2012 ha specificato che nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.

L'apprendistato si applica a tutti i settori di attività, compreso quello agricolo, le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali.
Il Testo Unico contempla tre tipi di contratti di apprendistato:

  1. per la qualifica e per il diploma professionale;
  2. professionalizzante o contratto di mestiere;
  3. di alta formazione e ricerca.

A. Il primo è finalizzato a conseguire un titolo di studio nell’ambiente di lavoro ed è diretto ai più giovani, quelli compresi nella fascia d'età tra i 15 e i 25 anni.
La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire e non può in ogni caso essere superiore, per la sua componente formativa, a tre anni ovvero quattro nel caso di diploma quadriennale regionale.


B. Il secondo è finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale ed è destinato a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Può essere stipulato anche da enti pubblici.
La durata e le modalità di erogazione della formazione, nonché la durata della parte formativa del contratto (comunque non superiore a 3 anni ovvero 5 per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano) sono definiti dagli accordi interconfederali e dai contratti collettivi.
La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità dell’azienda, è integrata dall’offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda, finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a 120 ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni.


C. L’Apprendistato di alta formazione e ricerca è finalizzato a conseguire titoli di istruzione secondaria superiore e terziaria, compresi i dottorati di ricerca, la specializzazione tecnica, nonché a svolgere il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche ed è destinato a giovani tra i 18 e i 29 anni.
Può essere stipulato anche da enti pubblici.
La regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato sono rimesse alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le parti sociali e una serie di altri organi istituzionali tra cui le università e altre istituzioni scolastiche.
In assenza di regolamentazioni regionali l’attivazione potrà essere stabilita da apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Testo tratto da pubblicazione del Ministero del Lavoro.

Diego Giovinazzo

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