Mercoledì, 17 Febbraio 2010 01:19

La guida agli studi di settore: patteggiare?

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Adeguarsi al suono delle trombe di Gerico? O aspettare che il Fisco bussi alla porta per poi patteggiare? E che cosa si rischia se la zuffa con l'Erario finisce male? Sono le domande che si pongono artigiani, commercianti e professionisti alle prese con gli studi di settore e in particolare con Gerico. Con questo nome d'origine biblica - ma nel Vangelo, ironia della sorte, a Gerico abitava anche l'esattore Zaccheo - è stato battezzato il software usato dall'Agenzia delle Entrate per stabilire il giro d'affari minimo di ogni attività imprenditoriale. L'acronimo Gerico sta per «Gestione ricavi e compensi». Ma quanto costa mettersi sull'attenti al primo squillo di tromba? Molto. Come si può vedere dalla tabella, realizzata dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre, ogni mille euro di maggiori ricavi il contribuente deve sborsare dai 627 ai 723 euro in più a seconda del reddito.

Tra Irpef, Inps, Iva (non scaricabile), addizionali locali, la pressione tributaria marginale indotta dagli studi di settore è da capogiro: il 60/70%. Numeri che spiegano perché il meccanismo sia così malvisto, specie con i bilanci d'impresa dissanguati dalla crisi. Il primo gong degli studi di settore è suonato il 6 luglio. Ma, pagando solo lo 0,40% in più, c’è tempo fino al 5 agosto per saldare il conto. E saranno in molti ad approfittare dell’extra time per valutare il costo delle strade alternative a Gerico. Tanto più che i più recenti orientamenti giuridici hanno depotenziato l'arma degli studi. «La loro funzione ormai è di ausilio all'attività di accertamento che non si può basare solo su questo strumento - spiega Giuseppe Bortolussi, leader degli artigiani di Mestre -. Non basta la discordanza tra ricavo dichiarato e accertato. Per reggere al vaglio delle Commissioni tributarie, servono altri elementi di prova». Ma resistere quanto costa? In tutti i casi esaminati nella tabella è stato ipotizzato che il Fisco conceda uno sconto del 20% (l'adeguamento scende da 1.000 a 800 euro), accettando in parte le tesi del contribuente. Come si può vedere snobbare gli studi non è molto costoso. Si va incontro a una maggiore spesa solo se si patteggia subito, cioè si aderisce al primo invito spedito dal Fisco. Ma la differenza è minima: da 54 a 64 euro. Addirittura si spende meno in due dei casi più diffusi: aderendo all'accertamento, una quarantina di euro, o usando la conciliazione giudiziale (circa 10 euro). L'unico vero salasso lo si ha quando si perde, e male, in Commissione tributaria. E allora cosa è meglio fare? «Tutto dipende dall’entità dello scostamento - aggiunge Bortolussi -. E dalla sostenibilità delle proprie ragioni. In particolare la credibilità del reddito in rapporto all'effettiva situazione patrimoniale e la specificità della propria azienda in rapporto agli studi di settore. Resta auspicabile, però, una loro ulteriore revisione per renderli meno penalizzanti». In conclusione c'è la convenienza ad adeguarsi in dichiarazione se gli importi sono modesti. Mentre si può valutare l'idea di resistere quando le pretese dell'Erario sono elevate. Solo in questo caso gli eventuali risparmi ottenibili controbilanciano le maggiori spese per sanzioni, interessi, e i costi dovuti alla necessaria assistenza di un professionista. Figura indispensabile per far la guerra al Fisco sotto le mura di Gerico.

Fonte: Corriere della Sera

Confimpresa Roma

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